Il Sak Yant e le sue regole

19 Mar 2019

– Articolo aggiornato in data 3 Aprile 2020

Là dove l’occultismo incontra ancestrali pratiche tribali, dove l’arte e la magia si fondono, dove il tatuaggio diventa animismo, incontriamo il Sak Yant.

Il Sak Yant, il tatuaggio sacro tailandese, va ben oltre il semplice concetto di tatuaggio. Nonostante questo venga preso talvolta con leggerezza, il tatuaggio yantra è tutto fuorché un gioco per coloro che ci credono veramente. Ricevere un Sak Yant infatti equivale a stringere un patto con delle forze, delle entità soprannaturali che accordano la propria protezione e benedizione alla persona che ne invoca la benevolenza a patto che quest’ultima si impegni a rispettare una serie di precetti e in alcuni casi, dando qualcosa in cambio.

Esistono quindi, secondo le credenze dei thai, delle norme di vita e delle regole di condotta morale da seguire vita-natural-durante per mantenere attiva la benedizione ricevuta e i relativi poteri del proprio tatuaggio sacro. Quelle che vengono ritenute di fondamentale importanza dall’Ajarn o dal monaco vengono palesate nel corso della prima parte del rituale come la conditio sine qua non, ovvero, la condizione senza la quale non si può ricevere il proprio Sak Yant.

Solitamente, i precetti più importanti sono il rispetto della figura materna (e più in generale di quella dei genitori), il rispetto del proprio Ajarn, dei maestri / degli insegnanti e il non tradire la persona con cui si è impegnati e legati sentimentalmente. Infrangere anche una sola di queste regole significa letteralmente spezzare l’incantesimo formulato sul nostro Sak Yant trasformandolo in un semplice tatuaggio decorativo.

La questione delle norme da seguire, indispensabili per la salvaguardia del potere del proprio Sak Yant, inizia a farsi ben più complessa quando ci si deve poi confrontare con quelle che sono effettivamente tutte le altre regole di vita che non vengono elencate assieme a quelle di primaria rilevanza. Va comunque sottolineato che ciascun Maestro sceglie sulla base della tradizione della propria scuola a quali regole far attenere i propri luksit, i propri studenti.

Talune regole arrivano a condizionare anche gli aspetti più impensabili della vita delle persone. Per esempio, quando pocanzi abbiamo accennato al non mancare di rispetto ai propri genitori, facevamo riferimento ad una regola molto precisa che a seconda del Maestro che la richiede può arrivare al limite del paradossale.

“Mai insultare verbalmente la propria madre”, sarebbe la regola precisa da rispettare piuttosto che il generico “rispetto della figura materna”. La ragione di questa precisazione si lega alla sacralità della bocca. Secondo le credenze dei thai infatti, insultare verbalmente la propria madre equivale ad aprire la “porta proibita”.

Riguardo questa forma di rispetto da dovere alla propria genitrice due correnti di pensiero si diramano in direzioni opposte: coloro che sono attaccati alle definizioni e non accettano interpretazioni e coloro che abbracciano il buon senso per interpretare delle regole antiche di secoli.

Alcuni Ajarn accettano di parlare in termini di rispetto generale, che ovviamente include anche l’astenersi dal pronunciare insulti e sproloqui contro la propria madre, altri invece enunciano la regola nella sua forma dettagliata pretendendo che questa venga persino tradotta nella sua forma specifica. A questi Ajarn abbiamo chiesto se quindi un gesto volgare, una lettera o un moderno messaggio elettronico indirizzati alla propria madre contenenti degli insulti sarebbero consentiti stando ad una regola così precisa: la risposta di alcuni di loro fu un sì. La giustificazione a questo paradosso risiede, secondo gli Ajarn che sostengono questa versione della regola, nel fatto che ai tempi in cui la regola fu stabilita non vi erano altri metodi di comunicazione al di fuori di quello orale, quindi parlare di rispetto in termini generali equivarrebbe all’arrogarsi il diritto di riscrivere la regola. In questo caso viene reputato più grave generalizzare mancando di rispetto allo spirito di colui che dettò la regola, piuttosto che mandare un insulto scritto alla propria madre (che quindi non sarebbe “peccato” in quanto non fuoriuscirebbe dalla bocca lasciando chiusa la porta proibita).

Parlando ancora di quanto sia sacra la bocca per i thai, alcuni lignaggi richiedono espressamente che non si sputi e non si rigetti dove si fanno i propri bisogni e che non si parli mentre si espletando i propri bisogni.

Gli undici comandamenti del Sak Yant

Si dice che gli “undici comandamenti” dei Sak Yant siano stati stilati al Wat Bang Phra, il tempio dei Sak Yant poco fuori Bangkok. Senza entrare nel merito della singolarità di alcune di queste norme, le riportiamo qui di seguito:

  1. Non mangiare né la carambola (il frutto a forma di stella) né i cucurbitacei (zucche, zucchine, ecc.);
  2. Non essere l’amante di qualcuno già sposato;
  3. Non insultare la madre di nessuno;
  4. Non mangiare da un banchetto nuziale o funebre;
  5. Non mangiare gli avanzi di cibo;
  6. Non passare sotto una linea di panni stesi oppure sotto una costruzione/edificio sospeso;
  7. Non passare sotto gli alberi di banana Thani;
  8. Non attraversare i ponti con una sola testa (un solo pilone);
  9. Non sedere sulle urne in ceramica (specialmente se filate o rotte);
  10. Non permettere a una donna di coricarsi al di sopra di te o di sedere sopra di te;
  11. Non strofinarsi contro una blusa o una gonna di una donna con il ciclo.

La comprensione approfondita di queste norme per noi occidentali è oggettivamente complessa in quanto non siamo cresciuti nel medesimo contesto culturale nel quale si sono sviluppate queste stesse regole.

Per rendere meglio l’idea di alcune differenze sostanziali che separano culturalmente un nativo thai da un appassionato della loro cultura potremmo fare due semplici esempi. La regola numero 7 si rifà alla credenza che alcuni fantasmi o spiriti maligni siano soliti alloggiare sugli alberi di banana Thani e che quindi mangiare del cibo contaminato da queste entità inficerebbe il potere dei propri Sak Yant. Ancora, la regola numero 6 invece si riferisce alla possibilità di far passare il proprio capo al di sotto della biancheria intima, magari quella femminile ritenuta particolarmente impura in una società di tendenza maschilista come quella thai.

Al giorno d’oggi sono tanti gli studiosi e i Maestri a convenire che diverse di queste regole siano effettivamente secondarie rispetto al vivere una vita retta e quindi mantenere la benedizione sui propri Sak Yant. Vi è dunque un certo grado di approssimazione e discrezionalità sull’interpretazione di queste regole che solo il Maestro a cui ci si affida può chiarire.

Il nostro personale parere sull’interpretabilità di queste regole è che a parità di autorevolezza tra i diversi Maestri, le raccomandazioni di un Maestro conservatore e tradizionalista siano più attendibili rispetto a quelle di chi perpetua il Sak Yant a fini meramente commerciali.

Dieci precetti di Buddha

Alle 11 regole sopraelencate si legano indissolubilmente poi anche i precetti buddisti, le norme per una vita virtuosa. Essendo il Sak Yant un’espressione animista del buddhismo Theravada praticato in Tailandia, anche questa manifestazione devozionale si lega a dei precetti religiosi equiparabili ai 10 comandamenti della religione cristiana. I precetti buddhisti si rifanno ad una serie di virtù che se praticate condurranno la persona verso la retta via. I devoti thai che ricevono i Sak Yant sanno che il potere del proprio tatuaggio è direttamente proporzionale anche al rispetto di queste 10 virtù:

  1. Proteggere la vita e rinunciare a toglierla;
  2. Praticare la generosità e rinunciare a prendere ciò che non ti è dato;
  3. Rinunciare alla promiscuità sessuale;
  4. Dire la verità e non mentire;
  5. Riconciliare le dispute abbandonando la discordia;
  6. Parlare con gentilezza e non con cattiveria;
  7. Recitare le preghiere piuttosto che fare chiacchiere futili;
  8. Non cedere all’avarizia;
  9. Essere di aiuto al prossimo senza desiderare la disgrazia altrui;
  10. Abbandonare i punti di vista sbagliati in favore della verità.

In comunione con questi precetti per una vita positiva, molti Maestri raccomandano anche la meditazione, la recitazione dei kata, l’acquisizione di meriti attraverso la pratica della carità e il perdono del nemico.

Alla luce di queste informazioni il Sak Yant si può amare ancora di più oppure comprendere che non è proprio il tipo di esperienza che si ricercava.

Ovviamente non è semplice vivere una vita totalmente positiva, ma avere un marchio sulla pelle a monito di un impegno di queste proporzioni e perseguire valori di pace e amore sicuramente concorre far sì che ognuno di noi possa sentirsi supportato nel proprio cammino verso il miglioramento di sé e del mondo che lo circonda.

In conclusione, riportiamo una riflessione condivisa da numerosi Monaci e Ajarn i quali sostengono che tutt’oggi vi siano delle regole da rispettare, che le più importanti siano quelle espressamente richieste dal Maestro dal quale si riceve il Sak Yant.

Questi affermano che inevitabilmente ci si deve adattare al tempo nel quale si vive. Oggi le persone vivono in palazzi, camminano in strade sulle quali si affacciano palazzi e balconi, viaggiano in auto che passano sotto le sopraelevate, per non parlare degli aerei che volano in cielo. Di norma, nessun talismano o oggetto consacrato dovrebbe essere calpestato o posto al di sotto dei piedi e i piedi degli altri non dovrebbero mai passare sopra la testa delle persone considerata sacra.

I Sak Yant perderebbero il proprio potere e si commetterebbe un sacrilegio a passare sopra la testa di una persona, o addirittura di un Monaco, per non parlare della testa di una statua di Buddha.

Nonostante questa regola così importante in tutto il panorama religioso tailandese, tutti i giorni il nostro capo passa al di sotto dei piedi di qualcuno, monaci inclusi. Tutti i giorni gli aerei volano sopra i cieli della Tailandia, sorvolando templi e siti sacri eppure nonostante ciò la sacralità permane.